Cassazione conferma assegno divorzile per disparità economica

Cassazione conferma assegno divorzile per disparità economica
ott 7 2025 Giacomo Bellanotte

Quando Corte di Cassazione ha pronunciato la sentenza n. 16917Roma il 24 giugno 2025, ha ribadito che assegno divorzile deve essere riconosciuto quando la disparità economica tra ex‑coniugi è il risultato di scelte condivise durante il matrimonio. La decisione, emessa dalla Sezione Civile Prima, segna una svolta importante nella prassi dei tribunali italiani, ponendo al centro il contributo non remunerato di chi ha rinunciato alla carriera per la famiglia.

Il contesto normativo e le funzioni dell'assegno divorzile

L'articolo 5, comma 6 della Legge n. 898/70 elenca una serie di criteri per valutare l'assegno: contributo al mantenimento del patrimonio familiare, condizioni patrimoniali dei coniugi, durata del matrimonio, età del coniuge richiedente e impossibilità oggettiva di autodichiararsi economicamente autosufficiente. La Corte ha sottolineato che l’assegno non è più solo una forma di assistenza, ma assume anche una valenza compensatoria (ricompensa per il sacrificio di opportunità professionali) e equalizzante (riporto dell'equilibrio patrimoniale).

Come osserva Prof.ssa Maria Bianchi, avvocato specializzato in diritto di famiglia, “questa interpretazione riconosce che il lavoro domestico è una forma di produzione che, pur non essendo monetizzata, genera valore e merita una remunerazione nel caso di scioglimento del matrimonio”.

Dettagli concreti della sentenza n. 16917

Nel caso esaminato, il giudice Luigi Conti aveva accertato una differenza di reddito di circa €1 500 al mese tra i due coniugi, dovuta al fatto che la moglie aveva interrotto la propria carriera da insegnante per occuparsi dei figli. L'assegno divorzile concesso è stato di €250 mensili, cifra che la Cassazione ha definito adeguata sia dal punto di vista assistenziale sia da quello compensatorio.

  • Durata del matrimonio: 22 anni;
  • Età della richiedente: 48 anni;
  • Reddito mensile della richiedente: €1 200;
  • Reddito mensile dell’ex‑coniuge: €2 700;
  • Contributo non retribuito alla cura dei figli per 12 anni.

La Corte ha ribadito che, pur in assenza di un “contributo diretto” al patrimonio immobiliare, il lavoro domestico ha garantito al marito una stabilità economica e di conseguenza deve essere valutato come parte integrante della ricchezza familiare.

Reazioni degli esperti e degli operatori del diritto

Molti avvocati hanno accolto con favore la decisione, considerandola un passo avanti verso una più equa distribuzione delle risorse post‑divorzio. Alessandro Russo, professore di diritto civile all’Università di Padova, ha commentato: “Il precedente di cui si fa riferimento – sentenza n. 35434/2023 – apriva già la strada, ma ora la Cassazione chiude il cerchio, precisando che la disparità deve essere attribuita *esclusivamente o prevalentemente* alle scelte comuni di vita familiare”.

Al contrario, alcuni giudici di merito hanno espresso riserve, temendo che la soglia di prova possa diventare troppo alta per le donne che hanno svolto lavori domestici non documentati. “Bisogna trovare un equilibrio tra la tutela del coniuge più debole e la necessità di non trasformare l’assegno in una sorta di pensione automatica”, ha avvertito il magistrato Francesca Venturi di Firenze.

Implicazioni pratiche per i coniugi in Italia

Per le coppie che stanno valutando la separazione, la sentenza offre una buona notizia: è possibile chiedere l’assegno divorzile già in fase di separazione se si dimostra una disparità economica significativa. Tuttavia, è fondamentale raccogliere prove concrete – come buste paga, certificati di nascita dei figli, testimonianze sul ruolo domestico – per dimostrare che la differenza di reddito è direttamente collegata alle scelte di vita condivise.

In pratica, i tribunali peseranno i seguenti fattori:

  1. La durata del matrimonio e la fase della vita in cui è avvenuta la separazione;
  2. Il contributo effettivo al mantenimento del nucleo familiare;
  3. Le possibilità occupazionali attuali del richiedente;
  4. L’età e lo stato di salute, perché influenzano la capacità di reinserimento nel mercato del lavoro;
  5. Il tenore di vita mantenuto durante il matrimonio, da cui si parte per stabilire un “paragone” ragionevole.

Quando tutti questi elementi si combinano a favore del coniuge economicamente più debole, la probabilità di ottenere un assegno è alta – ma la decisione finale resta sempre a discrezione del giudice.

Prospettive future e confronti con precedenti giurisprudenziali

Il nuovo orientamento della Cassazione potrebbe influenzare anche le future riforme legislative. Alcuni parlamentari hanno già proposto di introdurre un “bonus famigliare” permanente per chi ha rinunciato al lavoro per curare i figli, con l’obiettivo di evitare il ricorso ai tribunali per la definizione di assegni.

Nel frattempo, sarà interessante osservare come le corti di grado inferiore interpreteranno la “causalità prevalente” tra le scelte familiari e la disparità patrimoniale. Se la tendenza si consoliderà, potremmo assistere a un incremento degli assegni riconosciuti, soprattutto in famiglie dove il ruolo tradizionalmente femminile è stato dominante.

Conclusioni

In sintesi, la decisione della Corte di Cassazione del 24 giugno 2025 sottolinea l’importanza di riconoscere il valore economico del lavoro domestico e di garantire una compensazione adeguata al coniuge che ha sacrificato la propria carriera. Il messaggio è chiaro: la disparità economica non è più considerata un “effetto collaterale” del matrimonio, ma una questione di giustizia sostanziale.

Domande frequenti

Chi può richiedere l'assegno divorzile secondo la nuova sentenza?

Può fare domanda il coniuge che, al momento del divorzio, dimostra una disparità di reddito significativa dovuta a scelte condivise, come la rinuncia al lavoro per la cura dei figli o per la gestione della casa.

Quali sono i criteri prevalenti per ottenere l'assegno?

Il giudice valuta la durata del matrimonio, il contributo domestico, le condizioni patrimoniali di entrambe le parti, l’età e la salute del richiedente, e la capacità di trovare un’occupazione adeguata.

Come si differenzia l'assegno divorzile dall'assegno di mantenimento per coniugi separati?

L'assegno di mantenimento mira a mantenere lo stesso tenore di vita del matrimonio, mentre l'assegno divorzile ha una funzione equalizzante, tesa a colmare le disparità economiche generate dalle scelte familiari.

Che importanza ha la prova documentale nella valutazione della disparità?

È fondamentale. Documenti come buste paga, dichiarazioni dei redditi, certificati di nascita dei figli e testimonianze sono usati per dimostrare che la disparità è riconducibile a scelte comuni di vita familiare.

Quali sono le prospettive di riforma legislative in risposta a questa sentenza?

Alcuni gruppi parlamentari propongono un "bonus famigliare" permanente per chi ha rinunciato al lavoro per la cura dei figli, allo scopo di ridurre la necessità di ricorrere al tribunale per ottenere compensi.